Lucanica di Picerno dolce o piccante, per tutti i gusti.

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Lucanica di Picerno dolce o piccante, per tutti i gusti.

di Vito Verrastro

In Basilicata, c’ è un salume che come pochi si identifica con il territorio di origine a partire dal nome stesso. E’ la “lucanica”, un insaccato tradizionale realizzato con carni di maiale tritate, la cui storia, antichissima, incrocia una brillante tradizione artigianale.(…)

Furono proprio i Lucani, popolo italico il cui raggio d’azione si estendeva ben oltre l’attuale piccola Basilicata, a cimentarsi per primi con questo tipo di insaccato, tanto che nel I secolo a.C., nel suo “De lingua latina”, Marco Terenzio Varrone scriveva di una salsiccia fatta con l’intestino crasso del maiale e chiamata dai soldati romani “lucanica”, perché proprio “dai Lucani avevano imparato a farla”.

I Romani, giunti in terra lucana tra la fine del III e l’inizio del II secolo a.C., avevano scoperto che la popolazione indigena conservava la carne del maiale nelle budella dell’animale stesso(…).

L’insaccato che con il tempo estese la sua fama oltre i confini di Roma, nel Medioevo si attesta anche nella Pianura Padana, convivendo con gli ottimi salumi locali, ma senza perdere la propria identità, tanto che tuttora se ne conserva in molte parti il nome (in Veneto, per esempio, c’è la “luganega”).(…)

Una forte tradizione della Basilicata, questo pregiato prodotto della salumeria lucana che continua ad avere una fortissima tradizione proprio nella sua Basilicata, terra in cui il maiale è da sempre alimento e simbolo di un’economia di sussistenza. Sviluppatasi soprattutto nelle aree interne della regione, dove l’animale popolava le fitte boscaglie di querce, la tradizione invernale dell’uccisione del maiale è sempre stata una festa, con tanto di pasto finale cui erano invitati parenti e amici che si fermavano per trascorrere insieme le fredde ore serali, mangiando parti buone del maiale appena ucciso, bevendo del buon vino, cantando e suonando l’organetto.

Prodotta soprattutto a Picerno. A livello industriale la produzione della lucanica oggi interessa soprattutto laboratori concentrati nel comune di Picerno, un centro di 6.000 abitanti a una quindicina di chilometri dal capoluogo regionale, Potenza.

Nel paese lucano sono attivi tre salumifici che mantengono viva la tradizione dell’allevamento e della trasformazione suinicola da sempre presente nell’area del Marmo Platano Melandro [14 comuni dell’area (…) nord-occidentale della Basilicata. Qui l’agricoltura mantiene un suo importante ruolo nelle dinamiche economiche, ma anche nei sistemi di tutela, in quanto presidio del territorio e del paesaggio agrario].

A Picerno la produzione annuale di lucanica oggi si attesta intorno agli 800 quintali (…), per un fatturato che sfiora i 7 milioni di euro, pari al 40% dell’intero fatturato delle tre strutture. E’ il mercato pugliese ad assorbire la metà della produzione, seguito da quello campano (30%) e da quello lucano (15%). In aumento è invece l’esportazione, favorita dai lucani all’estero, ma anche dalla progressiva azione export-oriented dei salumifici picernesi i quali, alla sapiente tradizione tramandata dalle precedenti generazioni, hanno affiancato una nuova visione manageriale e un’accurata applicazione delle innovazioni tecnologiche.

Come si prepara

La materia prima utilizzata per la produzione della Lucanica di Picerno per la gran parte proviene dall’Emilia-Romagna ed è costituita essenzialmente da spalla, sottospalla e rifilatura di prosciutto. (…)

Dai tagli, snervati e privati del grasso in eccesso, si ricava un impasto a grana non troppo fine che, dopo la salatura, si impreziosisce con 150-200 semi di finocchietto e, nella versione piccante, di piccole scaglie o polvere di peperoncino.

Dopo qualche ora si procede a trasferire l’impasto in pezzi di intestini lunghi una quarantina di centimetri, fino a ricavarne cilindri dal peso unitario di 600 grammi. La quantità di grasso presente difficilmente arriva a superare il 30%. La forma caratteristica è a ferro di cavallo, simile alla lettera “U”. Dopo un periodo di permanenza di circa 20 giorni in locali a temperatura controllata in cui l’insaccato perde circa il 40% di acqua, la Lucanica di Picerno è pronta.

A livello domestico i singoli pezzi stagionati vengono sistemati in contenitori di terracotta, in cui si versa della sugna liquida per favorirne la conservazione e, al momento opportuno, vengono tirati fuori per essere utilizzati sia come affettato sia per preparare sughi o pietanze, magari in combinazione con legumi e prodotti dell’orto.

Due tipologie. Nella Lucanica di Picerno ci sono due componenti che(…), determinano quell’unicità che conferisce all’insaccato un gusto speciale: nella variante dolce il finocchietto selvatico, una pianta che a Picerno e nelle aree limitrofe è parte integrante del paesaggio; in quella piccante, invece, essenziali sono il peperone e soprattutto il peperoncino.

In questo caso (…) raccolti e infilzati fino a ottenere delle piccole collane da essiccare all’aria, i peperoni e i peperoncini locali vengono polverizzati o frantumati in piccole scaglie.

Non ci sono proporzioni standard nell’impasto di questo insaccato: è l’esperienza a guidare la mano di chi vuole ravvivare il colore e il grado di piccantezza che tanto piace ai consumatori.

Il traguardo IGP

La Lucanica di Picerno, che rincorre da oltre 10 anni il riconoscimento europeo dell’ IGP (Indicazione Geografica Protetta), trova oggi nuovo vigore grazie ad alcune vivaci istituzioni locali che credono in questo traguardo, in particolare l’Amministrazione comunale di Picerno, sostenuta dal Gruppo di azione locale (Gal) Marmo Melandro e dagli altri 13 comuni dell’area Marmo Platano Melandro (…).

“E’ proprio grazie a questa compagine unita, oltre che all’oggettiva forza che deriva dalla comune tradizione legata alla Lucanica di Picerno, che oggi puntiamo all’ottenimento dell’ IGP – sottolinea Giovanni Lettieri, sindaco di Picerno e presidente del Consorzio Lucanica di Picerno – . Il marchio europeo premierebbe gli sforzi fatti nell’ultimo decennio ed eviterebbe lo “scippo” da parte di altri territori extraregionali che pure utilizzano il termine “lucanica” o “luganega” per identificare la salsiccia, ma che non possono vantare l’origine che la storia antica del nostro salume attesta ai Lucani. Non chiediamo contributi finanziari, ma contiamo sul sostegno dell’Assessorato regionale all’agricoltura per una causa che potrà portare ai nostri territori enormi vantaggi dal punto di vista sia economico e produttivo che turistico”.

Il primo prodotto “a denominazione di origine”

Un elemento significativo arriva dal professor Ettore Bove, docente dell’Università degli studi della Basilicata, studioso della gastronomia lucana e autore della pubblicazione “La Lucanica di Picerno”, presentata nel luglio scorso a Milano in occasione di Expo 2015: “La Lucanica di Picerno – afferma – è frutto dello stretto connubio tra il maiale, da sempre presente in Lucania, e la folta vegetazione di querce, ricca di nutrimento per il suino”.

“Data la grande espansione commerciale avuta durante l’Impero Romano oggi ritroviamo nomi simili, “lucanica”, “luganega” e così via, anche in altre aree geografiche, sia in Italia che all’estero. (…).”

Ma c’ è di più: per il docente la Lucanica di Picerno potrà diventare portabandiera di un Distretto del salume delle aree interne della Basilicata, insieme ad altri insaccati da valorizzare (…).

Vito Verrastro